Marianna Giglio Tos

amo leggere e scrivere, con l’inchiostro e con la luce

“L’antica fiamma” – varie curiosità

(particolare della litografia di Gustave Doré creata per la Divina Commedia e presente nel romanzo)

Il sinistro aneddoto
Sebbene nel diario relativo al presente, in larga parte autobiografico, compaiano persone reali a me amiche o conoscenti, le stesse non seppero nulla del romanzo fino alla fine. In particolare la presenza del mio editore, della impaginatrice grafica e della storica sulla famiglia Challant è veramente rilevante. Ero consapevole che l’ultima parola (circa la loro effettiva presenza nella trama) sarebbe spettata a loro e non mi sorprese che alla fine (messo da parte l’entusiasmo per il progetto) chiedessero tutti di cambiare il loro nome. A tal proposito è significativo quanto accadde alla storica Caterina. Così come scritto nel romanzo, ci è accaduto di collaborare ad un libro proprio sugli Challant, lei per ricerca e testi, io per le fotografie… e non nego quanto mi fu difficile dovermi trattenere dal rivelarle il progetto de “L’antica fiamma” ancora nel pieno della sua stesura! Quando finalmente mi ritrovai tra le mani la stesura definitiva e potei raccontarle tutto, lei mi rispose che – stando così le cose – poteva finalmente comprendere quanto accaduto tre mesi prima. Un fatto inquietante avvenuto proprio davanti al ritratto di Bianca Maria (quello della copertina del libro) realizzato da Maestro Luini, nel Monastero di San Maurizio, a Milano. Era andata apposta per vederlo, avendone scritto in un libro, e vi giunse con molta emozione… ed una borsa nuova di zecca, appena acquistata, proprio a Milano. Si trovava appunto davanti al volto di Bianca quando pensò di volerlo fotografare… e la borsa si ruppe perdendo un piccolo gancio. Ovviamente fece ritorno al negozio per riparare al danno meravigliando il venditore che assicurò di non aver mai avuto alcun problema con quel genere di borse. Tre mesi dopo il mistero si risolse: era stata Bianca, assolutamente.

Il primo frammento
Curiosamente il primo pezzetto di questa storia a venire alla luce fu… il nome di Solemastro! Ma accadde circa un anno prima che mi balenasse un velo de “L’antica fiamma”, quando un conoscente mi propose di scrivere un racconto a quattro mani e mi inventai questo personaggio. Il progetto poi andò in fumo ancor prima di iniziare ma quel nome mi restò memorizzato. L’inserimento di un prete medico fu necessario nella trama ma fu anche una scelta dilettevole per poter affrontare un tema interessante e per certi versi disgustoso, seppur storicamente comprovato. E Solemastro mi parve un nome perfetto per un uomo di Chiesa.

L’indizio dei 12 e 40 giorni
A differenza del diario di Bianca Maria che doveva fondarsi su un periodo di 2 anni tra la sua fuga da Issogne alla sua presunta morte, per i diari di Grumello e Barbero ebbi una maggiore libertà per giostrare la cronologia. Così mi lasciai suggestionare dalla religione cristiana.
Il diario di Grumello descrive 12 giorni, lo stesso numero degli apostoli e dei profeti minori. 12 sono le stazioni della Via Crucis. Ma 12 è anche il versetto dell’Apocalisse in cui è descritta una donna vestita di sole con una corona di 12 stelle sul capo. 12 sono anche le porte della Gerusalemme Celeste al cui centro si trova l’albero della vita, il luz, rivelazione chiave del romanzo. Ma anche nella mitologia greco-romana (tanto cara a Bianca) ricorre il numero 12: gli dei principali, le fatiche di Eracle, il numero dei Titani (i più antichi, le forze primordiali del cosmo).
Il diario di Barbero invece ha la durata di 40 giorni. Molti sono i riferimenti cristiani al numero 40, anche legati alla Resurrezione e al Decalogo ma nello specifico si riferisce all’episodio biblico delle tentazioni di Gesù subite per volere del diavolo nell’arco di 40 giorni e 40 notti trascorsi nel deserto. Ovviamente Barbero subisce 2 generi diametralmente opposti di tentazione: il primo è l’avvicinamento a Dio (che per sua stessa ammissione è cosa in cui mai ha creduto); il secondo è l’avvicinamento al male. Queste rivelazioni lo porteranno alla pazzia. In particolare i 40 giorni nel deserto sono qui utilizzati per offrire un indizio sulla fine del romanzo, collegandosi a quel sogno premonitore che comporterà poi l’ultima scena del romanzo.