
L’alchimia e il viaggio interiore
Inserire l’alchimia non mi mise in guardia quanto il vampirismo, fu un tema sì assai mal giudicato ma in passato (così come oggi il vampirismo può portare a classificare frettolosamente un libro). Credo che l’avvento letterario e cinematografico di Harry Potter abbaia oggi permesso una visione magari magica ma non negativa dell’alchimia.
Questa scienza – o meglio, insieme di conoscenze pratiche, filosofiche ed esoteriche – mi aveva sempre affascinato per il suo alone di mistero ma in verità avevo una visione molto distorta della stessa. Per questo non compresi subito quanto si sarebbe rivelata perfetta ai fini della trama… anche perché quello del viaggio spirituale non fu preso subito in considerazione. La crescita personale fu una cosa avvenuta per caso, col proseguire della storia. Bianca stava cambiando col susseguirsi degli eventi, mi ritrovai a metà del suo diario con una ragazza che non era più quella delle prime pagine. La sua malattia, l’improvvisa libertà, la solitudine e anche l’intrecciarsi della sua vita con i Canti della Divina Commedia, l’avevano trasformata e il processo era appena iniziato. Si sviluppò così l’idea del cammino interiore, di un viaggio nel viaggio, di Bianca Maria che fugge tra le terre del Nord Italia mentre è impegnata in un percorso ben più arduo, quello spirituale, nella propria Ombra.Studiando la medicina ippocratica/galenica per il diario di Solemastro, mi ero avvicinata un po’ alla Magnum Opus e approfondendola scoprii non solo il reale intento dell’Alchimia ma perfino le indicazioni più congeniali per un cammino spirituale, tanto affascinante e valevole da esser stato perfino preso in considerazione dal celebre psicanalista Jung.
La maledizione vampirica cui Bianca Maria si trova condannata è spiegata come il primo passo di un processo alchemico noto come Magnum Opus, fase che ha nome di Nigredo. In realtà l’Alchimia fu un codice nascosto: il reale intento degli alchimisti veri fu quello di rendere possibile una crescita personale volta all’accesso delle più grandi conoscenze. E ovviamente giungere al segreto dell’immortalità (elisir) e alla pietra filosofale capace di guarire da ogni male. Siccome però vi era il pericolo che persone di losca morale accedessero a informazioni preziose, i veri alchimisti nascosero il reale intento dietro la ricerca di una formula che tramutasse il vile metallo in oro. Se da una parte la Chiesa combatté l’Alchimia ritenendo sacrilega la sua sete di conoscenza (l’onniscenza è virtù solo divina), dall’altra una nutrita schiera di falsi alchimisti, più attenti alla ricchezza materiale che a quella spirituale, non fecero altro che screditare la vera Alchimia. Fomentando anche la nascita di leggende più o meno famose, una su tutte quella di Nicolas Flamel. La vera pietra filosofale non era qualcosa da trovare fuori ma da costruire dentro di sé. La trasformazione del vile metallo in oro era da intendersi come purificazione di sé stessi, come trasformazione della pietra grezza che si è in una pietra aurea così da ritrovare quella primordiale epoca d’oro (senza lacrime e senza peccato) ben descritta da Dante Alighieri nel Veglio della Divina Commedia. Ma l’alchimia diciamo “materiale” – fatta di zolfo, mercurio e altri metalli, di atanor, temperature e distillazioni – non fu affatto negativa come si può pensare, difatti molte invenzioni furono merito dell’Alchimia (vi invito a leggere la storia di Hennig Brand, colui che grazie all’urina di cavallo scoprì il fosforo!) e gli alchimisti sono considerati i fautori del “metodo scientifico” nonché gli avi dei moderni chimici.
Dunque da una parte vi è un processo alchemico materiale e dall’altra ve n’è uno fisico, ed è quest’ultimo quello utilizzato nel romanzo per spiegare le caratteristiche fondamentali di Bianca Maria, ossia: la lunga vita (o presunta immortalità), l’autorigenerazione e l’immunità biologica. Un escamotage (non certo di mia invenzione seppur poco utilizzato in letteratura e cinema, almeno io non ho trovato riferimenti) per rendere quello del vampirismo un tema meno folkloristico e più scientifico. Ovviamente non vi svelo la vera chiave di interpretazione dell’Alchimia per spiegare la maledizione di Bianca Maria… a voi trovarla nel romanzo!
Riassumendo, il vampirismo è la molla che scatta per indurre alla Nigredo, riflesso dell’Inferno dantesco e dell’Averno virgiliano, in cui la saggezza di Dante e Virgilio funge da guida. La meta del viaggio (e del romanzo) è la Rubedo, ossia il Paradiso, la comprensione e realizzazione di quell’Amor che vince su tutto e muove il sole e l’altre stelle.
La terra
Tra gli elementi chiave del romanzo c’è la terra. Lo stretto legame con la Natura, ed i riti a lei dedicati, è un messaggio più volte dichiarato e adeguatamente affrontato. E’ un elemento che viene tirato in causa per molteplici motivi: la libertà ritrovata di Bianca, la Magnum Opus, la divinità creatrice… La presenza della religione cristiana fu praticamente un obbligo, dato il contesto sociale, sebbene l’odio di Bianca per la Chiesa sia giustificato da reali considerazioni e non da credenze folkloristiche (come il tema del vampirismo potrebbe far supporre). La condanna subita da Bianca la induce a riflettere (in modo pericoloso nel contesto dell’epoca in cui bastava davvero poco per essere giudicati eretici) sul Cristianesimo. Inoltre la solitudine cui il nuovo stile di vita la obbliga, permette a Bianca Maria di ritrovare un legame con la Natura già in parte perduto nel 1500 (e totalmente, disperatamente perduto oggi). Nel diario relativo al presente la Natura è invece vista (e vissuta) come il vero dio creatore e l’elemento terra è ancora più centrale, aperto ora dalla vita quotidiana dell’agricoltore, ora dal carattere, ora dalle opere antiche soprattutto dalle Bucoliche del Virgilio. Inoltre è una metafora perfetta per spiegare e affrontare la Magnum Opus alchemica e la catabasi come passaggio fondamentale per la conoscenza. Difatti attraverso la metafora del seme nascosto nel buio della terra (riflesso del grembo materno) viene rivelato e spiegato il primo passo per la creazione di sé (come di tutto il creato). In ultimo ma non meno importante – con questa storia dove i contatti con la tecnologia sono ridotti all’essenziale necessario per il lavoro e i contatti con le applicazioni sociali sono praticamente assenti mentre abbondano i contatti con la natura e la cultura – ho desiderato lasciare un messaggio ambientale.
I sogni
Hanno un ruolo fondamentale nel romanzo. La stessa trama, se non contestualizzata, può risultare talmente assurda da sembrare un sogno. Dopotutto il nostro inconscio conosce molte più cose della nostra parte razionale, per ciò gli antichi consideravano i sogni (così come la cecità e l’avvicinarsi della morte) capaci di onniscenza e preveggenza. Spesso cerchiamo in giro risposte che già possediamo ma che non vediamo perché sono nascoste, magari sotto l’inutile della pietra grezza che ancora siamo (e come disse Goethe, “nulla è più difficile da vedere con i propri occhi, di quel che abbiamo sotto di essi”). Allora il nostro inconscio non ha altro modo che i sogni per renderci meno ciechi. Ma i sogni sono un libro assai difficile, e altrettanto emozionante, da leggere e interpretare (dopotutto quello dentro di sé è, lo sarà sempre, il più complesso e arduo dei viaggi).Tutti i sogni descritti nel romanzo, riferiti ad ogni personaggio, sono sogni che ho fatto veramente nel corso della stesura e che mi hanno suggerito particolari riflessioni e perfino cambi di rotta. Alle volte sono coincisi con il momento stesso della stesura, come il sogno di Cariddi fatto da Bianca. Altre volte li ho semplicemente trascritti usandoli poi in seguito, come per i sogni biblici di Barbero che ho avuto quando ancora scrivevo di Grumello. Non ho inventato nulla, ritenendo i miei sogni sufficientemente strani da non lasciare spazio all’inventiva. Ho sempre detto che se dovessi descrivermi con una sola parola, quella sarebbe sognatrice, perché sogno perennemente, anche ad occhi aperti! Mi considero fortunata di fare sogni (quelli notturni, intendo) ricchi di dettagli che rammento in grande quantità al risveglio. E’ una cosa che adoro perché rendono più intensa la mia vita, è come se “vivessi” anche mentre dormo. E averne buona memoria ha senz’altro facilitato il loro utilizzo nella trama.I sogni sono molto presenti nel diario di Barbero, influenzati dalla follia e dal febbrile rifugiarsi nella Bibbia. Difatti le sue visioni notturne sono tutte rivisitazioni degli ultimi giorni di vita di Gesù che lo inducono a confondere il Comune di Dolceacqua (del quale è originario) e Issogne con Gerusalemme.
Le porte
Fra i temi ricorrenti vi è quello della porta, velatamente affrontato almeno fino all’ultimo capitolo. Eppure il romanzo si apre proprio con una riflessione sulle Porte del Sogno (Somni Portae) credenza degli antichi e archetipo letterario usato da autori quali Virgilio e Omero. Ogni personaggio de “L’antica fiamma” si trova prima o poi a fare i conti con una porta che non osa aprire sulla quale, fino alla fine, resta vivo il dubbio: è la Porta Eburnea dei sogni fallaci oppure quella Cornea dei sogni veri?Anche in questo caso il riferimento a Dante e alla Divina Commedia è evidente, essendo il cammino di tutti i personaggi una vera e propria catabasi, una discesa nell’inferno aperto dalla maledizione riversatasi nel castello di Issogne e, ancora dopo 500 anni, mantenuta viva dai diari, intesi immortali come lo sono tutti i libri. Le parole “Lasciate ogni speranza oh voi che entrate” riecheggiano più volte nel corso del romanzo ma dopotutto ben insegnano gli antichi che la catabasi (come la Nigredo alchemica della Magnum Opus) sia un passaggio fondamentale e inevitabile per la crescita personale. Difatti fin dai tempi più antichi la porta è segno di cambiamento, di confine, di passaggio tra noto e ignoto (temi centrali del romanzo).
La metamorfosi
E’ un tema costantemente presente, a volte in modo velato, altre palesemente. Non è trattato solo inerentemente al proprio cammino interiore volto allo sviluppo spirituale ma anche nella sua concezione più antica, soprattutto in riferimento alla mitologia greco-romana che ha il suo apice nelle omonime storie narrate dall’Ovidio. L’immaginario medievale/rinascimentale fu fortemente intriso di “fantastico”, ne sono prova le credenze ancora fortemente radicate in quell’epoca ed i numerosi bestiari. Nella ricerca di una parola che dia un nome alla propria malattia oscura, Bianca Maria si trova a scoprire (per merito della letteratura, ora grazie ai primi rari libri stampati, ora grazie ai preziosi manoscritti, e poi del medico Cornelius Agrippa, indagatore delle oscure cose) una serie fantastica di animali e umanoidi dall’aspetto insolito, tutti catalogabili sotto il termine di mostro. Attenzione però a contestualizzare il termine risalendo alla sua etimologia e al pensiero comune dell’uomo medievale/rinascimentale! Ciò porta Bianca non solo a disperarsi ancora di più per l’effettiva assenza della propria natura tra tutte quelle rinvenute ma ad interrogarsi sulla propria mostruosità passando da picchi di autostima a bruschi attacchi di depressione e solitudine che accuiscono ancor più i sintomi del suo male. In questo disequilibrio giungono cari i racconti dell’Ovidio su esseri umani (ora mortali, ora semi-divini) trasformati, prevaletemente in alberi, ma anche in mostri sanguinari, per condanna o salvezza.
Parallelamente anche il diario del presente di Marianna ha i suoi riferimenti al tema della metamorfosi. Cruciale è la riflessione sulle varie fasi di trasformazione della farfalla per spiegare la rinascita umana. Ma soprattutto il tema è affrontato in chiave dantesca riflettendo sulla realtà episodi come quello di Aracne (Purgatorio, Canto XII) e di Pier della Vigna (Inferno, Canto XIII), rafforzando così ulteriormente il tema della terra e della Natura che permea l’intero romanzo.